REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1142 del 2006, proposto da:
Ca. Costruzioni S.r.l. con sede in Ca., rappresentato e difeso dall'avv. De. Ve., con domicilio eletto presso lo studio legale di quest'ultimo in Ca., via Vi. Ve. n. (...)
contro
Comune di Ca., rappresentato e difeso dagli avv.ti An. Ma. Pa. e Id. Pa., con domicilio eletto presso il Comune di Ca., via Ia.
per la condanna dell'amministrazione
al risarcimento dei danni per violazione degli artt. 1337 e 1338 cod. civ.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ca.;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13/03/2009 il dott. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
FATTO
1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato le ricorrenti deducono che con "avviso pubblico per manifestazione d'interesse" del 24 agosto 2004, approvato con deliberazione n. 346 del 29 luglio 2007, il Comune di Ca. ha invitato "tutti i soggetti privati" a presentare, "mediante relazione illustrativa ed esaustivi elaborati grafici" una "idea progettuale" concernente: "a) la realizzazione del parcheggio, a più livelli sottostanti l'attuale zona di calpestio della Vi. Pa., articolato in maniera tale da accogliere il maggior numero possibile di posti auto; b) la valida ricostituzione e riqualificazione della Vi. Pa., sfruttando il solaio di copertura del realizzando parcheggio e prevedendo la costruzione di piccoli volumi per bar, gazebo, ecc.; c) la costruzione di un serbatoio sopraelevato avente vasca di accumulo di 2.000 mc, completo di camera di manovra, nonché di allacci idrici e di quant'altro occorre per il suo funzionamento". Nell'avviso, inoltre, si richiedeva di indicare i costi stimati, il prezzo per la vendita di ogni posto macchina, un cronoprogramma, nonché l'impegno di assumere in proprio i costi, con concessione, a titolo di corrispettivo, dei proventi derivanti dall'utilizzazione e/o vendita dei posti auto. Infine, si richiedeva "l'assunzione dell'obbligo a produrre all'amministrazione, in caso di favorevole selezione, entro sessanta giorni dalla richiesta, il progetto esecutivo del complessivo intervento".
Con deliberazione della giunta comunale n. 597 del 20 dicembre 2004 il Comune ha approvato gli atti di gara disponendo l'aggiudicazione a favore delle ricorrenti.
Con deliberazione n. 612 del 21 dicembre 2004 l'amministrazione resistente "stante le risultanze negative delle proposte pervenute in relazione al bando per pervenire all'individuazione dei soggetti privati per il p.s.u. (programma di sviluppo urbano), ha individuato quale soggetto privato del p.s.u. la stessa ditta aggiudicataria della manifestazione di interesse per la riqualificazione della Vi. Pa.".
In data 18 febbraio e 2 marzo 2005 le ditte hanno trasmesso al Comune "gli allegati grafici integrativi".
Con delibera consiliare n. 34 del 15 marzo il Comune, dopo avere esaminato gli elaborati progettuali, ha approvato lo schema di convenzione facente parte integrante e sostanziale della deliberazione n. 34 del 2005. Tale schema è stato sottoscritto dalle sole società ricorrenti. La sottoscrizione comunale non è mai avvenuta.
Infatti, si sottolinea sempre nel ricorso, l'amministrazione comunale si sarebbe improvvisamente "raffreddata", al punto che, nel corso della riunione operativa del 2 agosto 2005, il dirigente avrebbe "frapposto una serie di ostacoli alla continuazione della procedura", sostenendo di dovere preventivamente procedere alla verifica, tra l'altro, dei vincoli paesaggistici (parere preventivo della sovrintendenza, della Provincia e della Regione), all'acquisizione del parere preventivo della sovrintendenza sull'area demaniale del fabbricato, alla verifica degli aspetti idraulici (...) alla verifica dell'effettiva proprietà comunale del bene".
Con nota prot. n. 70276 del 12 ottobre 2005 il Comune ha chiesto l'autorizzazione per la realizzazione dell'intervento alla sovrintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Calabria ed all'amministrazione provinciale settore geologico nulla osta ambientale protezione civile.
Successivamente, a fronte del persistente silenzio dell'amministrazione, la ricorrente ha fatto istanza per ottenere, in data 5 giugno 2006, informazioni circa lo stato del procedimento. Con nota del 27 giugno 2006, prot. n. 47637, il Comune di Ca. ha comunicato alle società ricorrenti che "la Sovrintendenza della Calabria, attivata al riguardo, ha emesso, ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 4, decreto di tutela (...) relativo al bene denominato Vi. Pa., già serbatoio idrico Ghiacciaia". Da questa comunicazione ne è conseguita la ineseguibilità dell'intervento e la conseguente caducazione di tutti gli atti e i rapporti posti in essere con le ditte ricorrenti.
Alla luce della riportata ricostruzione degli eventi rilevanti, le ricorrenti hanno dedotto la violazione delle regole della buona fede nella fase di formazione del contratto per rottura delle trattative. Sul punto si sottolinea come il vincolo imposto sarebbe stato espressamente richiesto dal Comune di Ca. che, dopo l'aggiudicazione della gara, ha chiesto al Ministero, con nota del 5 ottobre 2005, la verifica dell'interesse culturale dell'immobile.
La responsabilità precontrattuale dell'amministrazione risiederebbe, nella prospettiva delle ricorrenti, nel fatto che tale amministrazione non avrebbe verificato la attuabilità dell'intervento prima di iniziare la procedura di gara.
Chiarito ciò, per quanto attiene al quantum risarcitorio, si chiede la condanna dell'ente al pagamento di una somma pari a euro 857.236,37 per i costi sostenuti; a tale proposito si produce il progetto di parcella predisposto "dal professionista incaricato di redigere la progettazione".
In relazione alle occasioni perdute, si sottolinea come "l'appalto per cui è causa involge un grosso impegno economico, strutturale e organizzativo da parte delle ditte interessate, di guisa che le medesime, proprio in virtù della già disposta aggiudicazione avvenuta sin dal 20 dicembre 2004, negli ultimi anni hanno gioco-forza ridotto la partecipazione a gare analoghe al fine di preservare le risorse per l'intervento su Vi. Pa.".
In relazione ai criteri per individuare il quantum risarcitorio si richiama l'orientamento della giurisprudenza amministrativa che ritiene che si possa fare riferimento all'utile economico che sarebbe derivato dalla gestione del servizio messo in gara nella misura del 10% dell'ammontare dell'offerta. Nel caso di specie, si osserva, l'utile che sarebbe derivato alle ricorrenti atteneva non direttamente all'esecuzione dei lavori, bensì alla gestione in concessione, per la durata di 99 anni, di oltre 800 posti auto e di circa 3.000 mq. di locali commerciali (con possibilità di cedere ogni posto auto ai cittadini per il prezzo forfettario di euro 19.500,00). Alla luce di quanto esposto, si assume che il lucro cessante sarebbe pari ad euro 1.1169.800,00 che, si puntualizza, "è cifra di molto inferiore, pari a circa 1/3, rispetto al reale utile che le imprese avrebbero conseguito in caso di realizzazione dell'opera".
La somma risarcitoria complessiva che si richiede all'amministrazione è, pertanto, pari ad euro 2.027.036, 37, oltre interessi legali dalla data della domanda e rivalutazione monetaria.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Ca. rilevando, in via preliminare, la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia che, per sua natura, deve essere attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario.
Nel merito, si deduce, innanzitutto, come, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, l'amministrazione non avrebbe indetto una gara di appalto e, avuto riguardo alla natura dell'attività posta in essere, non potrebbe rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale.
Nella specie, si sottolinea, l'amministrazione comunale avrebbe "bandito una manifestazione di interesse accompagnata da una idea progettuale", precisando che ai partecipanti veniva richiesta la proposizione di idee progettuali della cui fattibilità avrebbe dovuto rendersi garante la ditta proponente. Era, pertanto, onere delle ricorrenti munirsi successivamente all'approvazione dell'idea progettuale di tutti i pareri necessari.
A ciò si aggiunge che il Comune aveva condizionato il prosieguo dell'iter procedimentale ad una ulteriore presupposto rappresentato dalla sottoposizione degli esiti dell'aggiudicazione al Consiglio comunale "in occasione dell'approvazione della rimodulazione degli interventi del p.s.u.".
La difesa del Comune rileva ancora come al punto 34 della deliberazione del 15 marzo 2005 si era stabilito di "richiedere alla Regione Ca. il recepimento del riadeguamento del programma psu e la promozione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 5 del protocollo d'intesa per la conformità urbanistica dell'intervento relativo a Vi. Pa. per il quale necessitava variante al p.r.g.". Sul punto, si sottolinea come il procedimento avrebbe potuto "concretizzarsi soltanto in caso di accoglimento del riadeguamento del progetto da parte della Regione Calabria".
Fermo restando quanto sin qui esposto, il Comune ha contestato la sussistenza di un pregiudizio patrimoniale che comunque non sarebbe stato provato. Infine, si deduce in ogni caso la esorbitanza della quantificazione richiesta.
3. Con ordinanza collegiale istruttoria del 15 gennaio 2009 n. 5 questo Collegio ha chiesto al Comune di depositare la documentazione rilevante relativa al processo in esame.
4. Con memoria illustrativa il Comune, oltre ad avere depositato la documentazione richiesta, ha posto in evidenza come l'art. 7 dell'avviso pubblico esplicitamente puntualizzasse che il progetto esecutivo avrebbe dovuto essere "assoggettato a tutte le necessarie approvazioni". Analoga valutazione era contenuta nell'art. 8 dello schema di convenzione. Inoltre, nel corso della riunione del 2 agosto 2005 l'amministrazione aveva sollecitato le ditte ad avviare "contatti in via preventiva anche con gli enti esterni chiamati ad esprimere i pareri di competenza".
5. Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica le ricorrenti hanno contestato tutte le deduzioni di controparte e hanno depositato documenti dai quali risulterebbero le occasioni perdute in ragione della partecipazione concorsuale.
DIRITTO
1. Con il ricorso indicato in epigrafe le ricorrenti hanno chiesto la condanna del Comune di Ca. al risarcimento del danno precontrattuale subito a causa di una condotta dell'amministrazione non rispettosa delle regole della buona fede.
2. In via preliminare, occorre qualificare la fattispecie oggetto del presente giudizio.
L'amministrazione comunale, con avviso pubblico del 28 agosto 2004, ha chiesto a "tutti i soggetti privati" di fare pervenire "mediante relazione illustrativa ed esaustivi elaborati grafici (piante, sezioni, prospetti)", un progetto avente ad oggetto interventi volti a: realizzare un parcheggio a più livelli sottostanti "l'attuale quota di calpestio di Vi. Pa."; ricostituire e riqualificare la predetta Villa; costruire un "serbatoio sopraelevato".
Nel predetto avviso si è, inoltre, specificato che saranno posti a carico del soggetto privato i costi della realizzazione del parcheggio e quelli di ricostituzione e riqualificazione della Villa.
A fronte dei predetti obblighi, il Comune si impegnava a concedere, "a titolo di corrispettivo", i proventi derivanti dalla utilizzazione e/o vendita "al più basso prezzo possibile e con priorità in favore dei residenti della zona" della maggior parte dei posti auto ottenibili nella realizzazione del parcheggio. Inoltre, il Comune si sarebbe accollato il costo per la costruzione del nuovo serbatoio sopraelevato.
Da quanto sin qui esposto emerge come l'attività procedimentale posta in essere dal Comune di Ca. fosse finalizzata, nell'ambito del programma di sviluppo urbano (p.s.u.), al perfezionamento di un contratto di partenariato pubblico privato e più in particolare di una concessione di lavori pubblici. L'amministrazione, infatti, nell'esercizio di un potere di scelta che la legge le conferisce, ha deciso di realizzare determinate opere, alcune delle quali strumentali alla erogazione di un servizio pubblico, mediante il concorso di soggetti privati che, ricevendo quale controprestazione la possibilità di gestire una determinata unità economica, si sono impegnati, tra l'altro, a finanziare gran parte dei lavori da eseguire. E' compatibile con tale schema anche la corresponsione di una prestazione pecuniaria da parte della stazione appaltante, per la realizzazione di alcune opere, finalizzata a compensare l'obbligo imposto al concessionario di praticare determinati prezzi a favore degli utenti.
Non rileva in questa sede valutare se l'amministrazione comunale abbia osservato tutte le disposizioni che disciplinano l'attività volta alla stipulazione di una concessione di lavori pubblici né occorre stabilire se la citata concessione si inseriva più specificamente in una operazione di project financing (su cui si veda, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 391), in quanto le ricorrenti si dolgono non della violazione delle predette disposizioni bensì, come già sottolineato, della inosservanza delle regole della buona fede nella fase precedente il perfezionamento dell'atto concessorio.
3. Qualificata nei termini esposti la fattispecie in esame, può essere esaminata l'eccezione sollevata dalla difesa del Comune con cui si deduce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sul presupposto che si tratti di una pretesa che involgerebbe soltanto diritti soggettivi.
L'eccezione è destituita di fondamento.
L'art. 6 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giurisdizione amministrativa), vigente al momento in cui si è svolta la vicenda procedimentale in esame, prevede(va) che "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale" (si veda adesso l'art. 244, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, che menziona, altresì, le controversie risarcitorie).
In questo ambito devono collocarsi anche le questioni relative al risarcimento del anno conseguente alla asserita violazione di obblighi precontrattuali qualora il comportamento dell'amministrazione si inserisca in una complessiva vicenda caratterizzata anche dall'esercizio di poteri pubblicistici. La stretta connessione tra diritti soggettivi e interessi legittimi giustifica la giurisdizione in sede esclusiva del giudice adito (ex plurimis, Consiglio di Stato, ad. plen. , 5 settembre 2005, n. 6; Id., sez VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; Id., sez. V, 6 dicembre 2006, n. 7194; si veda anche Cassazione, sez. un. , 27 febbraio 2008, n. 5084, che ha riconosciuto la giurisdizione del g.a. in presenza di una fattispecie analoga a quella in esame).
4. Chiarito ciò, sempre in via preliminare, occorre prendere in esame l'argomentazione difensiva svolta dal Comune con cui si deduce la impossibilità di configurare, nella specie, anche in ragione della natura dell'attività posta in essere, la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione.
4.1. Per esaminare tale eccezione occorre, in via preliminare, stabilire, su un piano generale, quali siano le regole che presiedono alla formazione della volontà negoziale e all'operatività del rimedio in esame nei contratti di diritto comune per poi verificare se le stesse siano estensibili ai contratti della pubblica amministrazione.
Come è noto, secondo il sistema delineato nel codice civile, le parti sono libere di seguire lo schema formativo che più si adatta a realizzare i loro contrapposti (o, a volte, convergenti) interessi, potendo decidere di concludere subito il contratto mediante lo scambio immediato di proposta e accettazione ovvero di formare in maniera progressiva la loro volontà attraverso trattative (più o meno lunghe) nell'ambito delle quali si possono inserire intese precontrattuali o contratti preparatori di diversa natura. E' consentito, inoltre, ai contraenti creare, nell'esercizio della propria autonomia procedimentale (art. 1322 cod. civ.) e ferma restando l'osservanza delle prescritte norme imperative, schemi atipici di formazione della volontà contrattuale.
In questa fase precontrattuale le parti sono titolari, come si dirà ampiamente oltre, della libertà negoziale di non stipulare il contratto ovvero di stipularlo con determinati contenuti. Ma tale libertà deve essere esercitata nel rispetto di regole di condotta che pongono puntuali limiti al fine di evitare che la stessa trasmodi in un abuso ai danni della libertà negoziale dell'altro contraente.
Queste regole di condotta sono rappresentate dalla buona fede e dalla diligenza.
La prima impone alle parti, in ossequio al principio costituzionale di solidarietà contrattuale (art. 2), di comportarsi in maniera leale durante tutta la fase di formazione del contratto secondo quanto espressamente previsto dagli artt. 1337 e 1338 cod. civ.
La seconda impone alle parti, sempre in applicazione delle richiamate disposizioni, di osservare determinati standard tipizzati di condotta al fine di evitare comportamenti colposi idonei ad arrecare danni ingiusti.
L' abuso della libertà negoziale, realizzata dalla parte che viola le regole indicate, è sanzionato con il rimedio, espressamente previsto dalle citate norme imperative, della responsabilità precontrattuale.
Tale tipologia di responsabilità, secondo l'opzione interpretativa preferibile, si inserisce nel più ampio genus della responsabilità extracontrattuale. Questa qualificazione spiega, per l'orientamento che ritiene che la diligenza non sia già inclusa nelle regole della buona fede, perché rilevi anche il predetto comportamento colposo delle parti, che sta, come è noto, a base del sistema della responsabilità civile di cui all'art. 2043 c.c.
4.2 Occorre adesso verificare se quanto sin qui esposto possa valere anche in presenza di un contratto in cui sia parte la pubblica amministrazione.
Per rispondere a tale quesito è necessario illustrare, per grandi linee, quali sono le connotazione tipiche dell'attività contrattuale della p.a. allo scopo di valutare se le differenze rilevate siano idonee ad impedire o limitare l'applicabilità delle regole di condotta della buona fede e diligenza.
Come è noto, la normale funzionalizzazione dell'attività negoziale della pubblica amministrazione giustifica la esistenza di particolari schemi formativi caratterizzati dalla presenza di un doppio procedimento, amministrativo e negoziale.
La p.a. è, infatti, obbligata, innanzitutto, a rispettare, mediante l'emanazione di atti amministrativi, precisi iter procedimentali scanditi da regole di validità poste da norme imperative di diritto pubblico. La ragione della esistenza di un procedimento amministrativo risiede nell'esigenza di assicurare il perseguimento, anche quando la p.a. agisce mediante moduli convenzionali, dell'interesse pubblico nonché il rispetto di altri principi di rilevanza costituzionale (quali, in particolare, i principi di buon andamento e imparzialità di cui all'art. 97 Cost.) e, in molti casi, comunitaria (quali, in particolare, i principi concorrenziali strumentali alla tutela delle libertà di circolazione delle persone e delle merci): cfr. Corte cost. n. 401 del 2007. E' noto, infatti, che tali interessi e principi non potrebbero altrimenti ricevere adeguata tutela in quanto, trasposti sul piano civilistico, acquisirebbero normalmente la natura di meri motivi in quanto tali giuridicamente irrilevanti. La violazione delle predette regole può determinare la illegittimità degli atti amministrativi emanati e, quando ne sussistono i presupposti, la responsabilità civile per violazione dell'interesse legittimo. La stessa amministrazione pone in essere, accanto a tale iter procedimentale di matrice pubblicistica, un parallelo procedimento negoziale, disciplinato da norme di diritto privato.
Rispetto ai normali modelli formativi - offerti dal codice civile, in via di principio, alla scelta autonoma dei contraenti - deve rilevarsi, in secondo luogo, come la previsione legislativa di un tale procedimento pubblicistico imponga necessariamente che anche la volontà negoziale si formi in maniera progressiva nel rispetto di determinare regole procedimentali predefinite, non derogabili dalle parti, che articolano normalmente l'iter formativo in un invito ad offrire della p.a. cui segue la proposta della controparte e l'accettazione finale della stessa p.a. In secondo luogo, l'esigenza di rispettare, tra l'altro, i principi della libera concorrenza, della buona amministrazione e dell'imparzialità, comporta che, nel sistema ordinario di selezione, alle trattative precontrattuali siano invitati a partecipare più soggetti.
Infine, deve ritenersi come le valutazioni di pubblico interesse che devono costantemente guidare la p.a., nell'esercizio dei poteri amministrativi che connotano la fase dell'evidenza pubblica, possano, in alcuni casi, rappresentare una giusta causa di recesso dalle trattative che esonera da responsabilità soltanto se, come si dirà oltre, siano state osservate le regole di condotta in esame.
4.3. E' necessario a questo punto, come già sottolineato, stabilire se le illustrate differenze siano idonee, nella specie, ad impedire l'applicazione delle regole di condotta della diligenza e della buona fede di cui agli artt. 1337 e 1338 cod. civ.
Questo Collegio ritiene che alla questione posta debba essere data risposta negativa, con la conseguenza che il modello civilistico della responsabilità precontrattuale si applica, con i necessari adattamenti, anche all'attività della pubblica amministrazione per le ragioni di seguito indicate.
Innanzitutto, la presenza di un procedimento negoziale accanto ad un procedimento amministrativo ha consentito il definitivo superamento della impostazione tradizionale, seguita inizialmente dalla Cassazione, secondo cui non era consentito all'autorità giudiziaria sindacare la condotta della p.a. perché ciò avrebbe comportato l'invasione di spazi di discrezionalità riservati all'amministrazione stessa. Una volta, infatti, che si scinde l'iter procedimentale che precede la stipulazione del contratto, deve ritenersi che la verifica giudiziale abbia ad oggetto la condotta posta in essere dall'amministrazione nella sua veste di contraente e non anche in quella di amministratore. In altri termini, l'esistenza di un procedimento amministrativo non esclude l'autonomia del momento procedimentale negoziale nel corso del quale la p.a. è obbligata ad osservare le regole di condotta della buona fede e della diligenza in relazione alle quali non sussistono limiti di sindacato connessi allo status pubblicistico di una delle parti.
In secondo luogo, la presenza di un modello formativo della volontà negoziale predeterminato nei suoi profili procedimentali mediante la scansione degli atti sopra indicati, che vede normalmente la presenza di più soggetti potenzialmente interessati al contratto, non rappresenta un ostacolo all'applicazione delle regole della responsabilità precontrattuale. Si è, infatti, in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, non derogabile dalle parti, che si sviluppa secondo lo schema dell'offerta al pubblico. Sul punto, la giurisprudenza prevalente sembra, invero, limitare l'operatività delle regole di condotta alle procedure negoziate, ovvero, in presenza, come nel caso in esame, di una procedura non negoziata, alla fase successiva alla scelta del contraente (si veda, tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2008, n. 5633; Id., 7 marzo 2005 n. 920). Si afferma, infatti, che prima di tale momento non sia possibile individuare una trattativa idonea a fare sorgere affidamenti tutelabili. Questo Collegio ritiene, invece, che non sia possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale limitando l'applicazione delle regole di responsabilità precontrattuale alla fase in cui il contatto sociale viene individualizzato. Una volta che si riconosce l'autonomia del momento negoziale rispetto a quello pubblicistico non sussistono valide ragioni per ritenere che la buona fede e la diligenza non operino sin dalla fase di inizio del predetto contatto che si ha con la esternazione dell'invito ad offrire. Del resto, anche nel diritto civile il modello formativo dell'offerta al pubblico presuppone normalmente il contatto con una pluralità di partecipanti al procedimento negoziale. Diversamente argomentando l'interprete sarebbe costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità. Sul piano applicativo ciò implica, avuto riguardo alla fattispecie in esame, che la valutazione giudiziale deve avere ad oggetto la condotta della p.a. sia prima che dopo la scelta del contraente. Appare opportuno, però, puntualizzare che la valutazione del momento procedimentale in cui si è realizzata la violazione e la circostanza che il soggetto che la fa valere non sia stato scelto come contraente, se non rileva, si ribadisce, sul piano dell'astratta configurabilità della fattispecie lesiva, può rilevare sul piano dell'accertamento della sussistenza di un effettivo pregiudizio patrimoniale.
Infine, è indubbio che le ragioni di interesse pubblico possono imporre di assumere, anche sul piano negoziale, determinate condotte soprattutto in ordine alla decisione di non concludere il contratto. Tale valutazione può funzionare da causa esterna idonea a giustificare il recesso. Ma ciò non toglie che l'amministrazione sia obbligata in ogni caso, nell'interrompere le trattative, a non abusare della propria libertà negoziale dovendo pur sempre osservare un comportamento leale e diligente nei confronti dei privati coinvolti dall'iniziativa assunta dalla p.a. stessa.
In conclusione, l'esistenza di un procedimento amministrativo che doppia quello negoziale, la predefinizione di regole formative caratterizzate, tra l'altro, dalla normale pluralità delle parti, la possibile incidenza di valutazioni di interesse pubblico nell'esercizio del potere di recesso, se certamente determinano una deviazione dagli schemi ordinari in ragione del particolare status di uno dei contraenti e la consequenziale necessità di adattamento delle regole civilistiche, non sono, ad avviso di questo Collegio, idonei ad escludere la generale operatività delle regole di condotta in relazione a tutto il procedimento negoziale antecedente la stipulazione del contratto.
4.4. Alla luce di quanto sin qui esposto può dirsi, in sintesi, che in presenza di un contratto della pubblica amministrazione: a) la violazione di norme imperative, che pongono regole di validità a tutela di interessi pubblici, può dare luogo alla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, con possibile responsabilità civile per violazione dell'interesse legittimo; b) la violazione di norme imperative, che pongono regole di condotta da osservarsi durante l'intero svolgimento del procedimento negoziale a tutela della libertà contrattuale, può dare luogo a responsabilità precontrattuale.
E' bene, infine, aggiungere che le predette regole di validità e di condotta operano su piani separati: non è necessaria la violazione delle prime (anche se tale violazione può concorrere: Consiglio di Stato, sez. VI, n. 6264 del 2008, cit.) per aversi responsabilità precontrattuale; la inosservanza delle seconde non può determinare la invalidità del contratto. Quest'ultima, sia detto incidentalmente, può aversi soltanto quando l'abuso della libertà contrattuale si attua, in presenza di determinate categorie contrattuali caratterizzate dalla debolezza (informativa o economica) di una delle parti del rapporto, nella fase di determinazione del contenuto del contratto da stipulare e in virtù di una testuale previsione legislativa di nullità.
5. Quanto esposto, su un piano generale, vale anche in presenza di una concessione amministrativa, appartenente, secondo la preferibile opzione interpretativa, alla categoria dei contratti di diritto pubblico.
Anche, infatti, in presenza di tale modello convenzionale di azione opera normalmente, nella fase precedente il perfezionamento dell'atto, la dicotomia procedimento amministrativo/procedimento negoziale. Questo Collegio è consapevole del fatto che in presenza di tale categoria contrattuale gli interessi pubblici assumo una valenza più pregnante in ragione del particolare oggetto del contratto stesso. Nondimeno, tale peculiarità non è, nella specie, idonea a condizionare o limitare l'applicazione delle regole di responsabilità, che devono ritenersi compatibili con la qualificazione pubblicistica del contratto. E' bene aggiungere che qualora si ritenga che lo strumento concessorio rinvenga la propria disciplina anche nell'art. 11 della legge n. 241 del 1990 considerando quest'ultimo applicabile non solo agli accordi eventuali che si pongono in alternativa con il provvedimento finale ma anche agli accordi necessari, quali quelli in esame - non è senza significato che il comma 1-bis del citato articolo prevede finanche un calendario di incontri prefigurando strutturalmente i profili caratterizzanti le trattative precontrattuali.
Ne consegue che l'amministrazione deve sempre rispettare, anche in presenza, si ribadisce, di un atto concessorio, le previste regole di condotta nel corso dello svolgimento del procedimento negoziale che conduce al perfezionamento dell'atto finale consensuale (cfr. Cass. 11 dicembre 1978, n. 5831). Vale, pertanto, quanto sin qui esposto in ordine ai limiti che incontra la libertà negoziale delle parti e all'ampiezza del sindacato giurisdizionale.
6. Dimostrata la astratta configurabilità della responsabilità precontrattuale, occorre adesso stabilire quale fattispecie di responsabilità viene in rilievo nel caso in esame.
Le norme di riferimento sono rappresentate, come già sottolineato, dagli artt. 1337 e 1338 cod. civ.
La prima, imponendo alle parti di comportarsi secondo buona fede, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, disciplina la responsabilità precontrattuale da mancata conclusione del contratto.
La seconda, ritenendo contrario alle regole della correttezza il comportamento della parte, che conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne informa l'altra parte, disciplina la responsabilità precontrattuale da contratto invalido.
La Corte di Cassazione riconosce l'esistenza anche di una terza fattispecie, inquadrabile anch'essa nell'ambito della norma di carattere generale di cui al citato art. 1337, rappresentata dalla responsabilità precontrattuale da contratto valido, che ricorre quando uno dei contraenti non assolve ad oneri informativi diversi da quelli aventi ad oggetto le cause di invalidità del contratto (si veda, per tutte, Cass., sez. un. , 19 dicembre 2007, n. 26725).
La vicenda in esame è inquadrabile nello schema per primo esposto: le ricorrenti si lamentano del fatto che il Comune abbia interrotto le trattative finalizzate alla stipula della concessione in violazione delle regole di buona fede. L'amministrazione dovrebbe, pertanto, rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale da mancata conclusione del contratto.
7. A questo punto è necessario valutare quali sono gli elementi che devono sussistere perché possa dirsi integrata la predetta fattispecie di cui all'art. 1337 cod. civ.
Sul punto deve ritenersi che le regole di condotta, applicate al caso in esame, impongono di ancorare il giudizio finale di responsabilità alla sussistenza di due elementi: uno positivo, rappresentato dall'affidamento senza colpa ingenerato nella controparte dal comportamento del soggetto recedente; l'altro negativo, rappresentato dalla mancanza di una giusta causa. In altri termini, il recesso dalle trattative determina responsabilità precontrattuale quando le stesse sono interrotte in assenza di una giusta causa con lesione dell'affidamento creato nell'altro contraente.
7.1. Occorre ora verificare se il Comune abbia violato le predette regole di condotta nel momento in cui ha deciso di non perfezionare la fattispecie consensuale.
Costituisce dato non contestato che la ragione che ha indotto l'amministrazione a non stipulare la concessione è derivata dal fatto che il Ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato che il bene su cui dovevano essere realizzate le opere è stato dichiarato, con provvedimento del 13 gennaio 2006, "di interesse particolarmente importante ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42". Nel preambolo del provvedimento si richiama una nota del 5 ottobre 2005 del Comune di Ca. con cui è stata chiesta al Ministero la verifica dell'interesse culturale del bene in questione.
A fronte di tale comunicazione l'amministrazione contraente ha interrotto le trattative volte alla stipulazione dell'atto concessorio.
E' necessario a questo punto stabilire se il legittimo recesso imposto da ragioni di pubblico interesse fatte presente nella predetta comunicazione abbia violato le regole di condotta che devono improntare l'azione di entrambe le parti, sia privata che pubblica. In altri termini, occorre stabilire se sussistono i requisiti che integrano la descritta fattispecie della responsabilità precontrattuale da mancata conclusione del contratto.
Innanzitutto, è certo che le ricorrenti avessero maturato un affidamento meritevole di tutela al perfezionamento dell'atto consensuale, che si è iniziato a formare - in linea con i principi generali sopra esposti - sin da momento della pubblicazione dell'avviso da parte del Comune, che le avrebbe abilitate ad eseguire i lavori e gestire il servizio di parcheggio.
E' altrettanto certo che l'amministrazione è receduta dalle trattative in presenza di una giusta causa, rappresentata dalla oggettiva irrealizzabilità delle opere.
Si tratta allora di stabilire se quella determinata causa, intervenuta prima della stipulazione dell'atto concessorio, fosse o meno prevedibile o per meglio dire avrebbe dovuto essere prevista dall'amministrazione o dallo stesso contraente privato. In altri termini, è necessario accertare se la condotta della p.a. possa ritenersi non conforme alle regole della diligenza.
Sul punto la difesa comunale ritiene che nessun addebito possa essere rivolto all'amministrazione in quanto con l'avviso pubblico i partecipanti alla procedura concorsuale erano stati informati circa la necessità che il progetto esecutivo avrebbe dovuto essere sottoposto a tutte le necessarie approvazioni.
Questo Collegio ritiene che tale specificazione contenuta nel predetto atto amministrativo non sia sufficiente ad esonerare da responsabilità la pubblica amministrazione e a ritenere specularmente non meritevole di protezione l'affidamento del privato.
Avuto riguardo alla complessiva operazione posta in essere dall'ente comunale, risulta evidente come debbano tenersi distinte le attività specificamente inerenti il progetto dalle attività specificamente inerenti l'area interessata dal progetto. I soggetti privati avevano la responsabilità del progetto che avrebbe dovuto essere sottoposto a tutte le necessarie autorizzazioni. La p.a. aveva la responsabilità dell'area. L'amministrazione, infatti, prima di indire una procedura concorsuale avrebbe dovuto verificare se su quella area complessivamente considerata fossero oggettivamente e astrattamente attuabili le "idee progettuali" predisposte e consistenti nella realizzazione di un parcheggio e di un serbatoio nonché nella riqualificazione di Vi. Pa. In altri termini, il Comune avrebbe dovuto verificare la fattibilità tecnica dell'opera prima di coinvolgere i privati nella sua realizzazione. Quest'ultimi conseguentemente, nel momento in cui hanno manifestano il loro interesse, hanno legittimamente fatto affidamento sulla astratta ammissibilità dell'intervento programmato. La perfetta definizione del campo delle verifiche tra i due contraenti è, del resto, chiaramente desumibile avendo riguardo all'oggetto su cui si è espresso il Ministero: quest'ultimo si è determinato in ordine al bene preesistente al progetto e non ha manifestato alcun giudizio in ordine al progetto relativo al bene. Non si è trattato, dunque, della mancanza di una autorizzazione ministeriale strettamente dipendente dalla natura e dalla portata del progetto presentato ma di un provvedimento ministeriale emanato su richiesta del Comune avente esclusivamente ad oggetto l'area su cui avrebbero dovuto essere attuati gli interventi programmati.
Ne consegue che la domanda di verifica della natura del bene fatta pervenire dal Comune al Ministero in data 30 settembre 2005 avrebbe dovuto essere, in ossequio alle regole della diligenza, inoltrata, al fine precipuo di stabilire la fattibilità tecnica dell'opera, prima di iniziare la procedura concorsuale.
Deve, pertanto, riconoscersi la responsabilità precontrattuale della p.a. da mancata conclusione del contratto per avere la stessa leso con colpa la libertà negoziale delle ricorrenti.
Sotto altro aspetto, deve ritenersi che il Comune abbia anche violato la regola della buona fede.
Agli atti esiste una nota del Ministero dell'11 agosto 2005 indirizzato al Sindaco di Ca. con cui si fa presente che il Ministero stesso era venuto a conoscenza del fatto che il bene su cui si intendevano realizzare gli interventi risultasse tutelato ex art. 10 del d.lgs. n. 42 del 2004.
A questo punto, sarebbe stato onere del Comune prontamente informare il contraente selezionato al fine di evitare una inutile protrazione del suo affidamento circa la conclusione del contratto. In altri termini, la p.a. avrebbe dovuto, in ossequio agli standard di condotta del buon contraente, rendere edotte le ricorrenti della concreta possibilità che l'atto concessorio non si sarebbe potuto perfezionare in ragione della natura culturale del bene su cui le opere avrebbero dovuto essere realizzate. Agli atti risulta soltanto una comunicazione del Comune indirizzata alle ricorrenti datata 27 giugno 2006 ed emessa su richiesta delle ricorrenti stesse.
8. Accertata la sussistenza del fatto lesivo occorre valutare se lo stesso sia stato idoneo a determinare un pregiudizio patrimoniale.
Come è noto, in materia di responsabilità precontrattuale è risarcibile il solo interesse negativo e cioè l'interesse a non intraprendere o proseguire trattative inutili. Più precisamente, è risarcibile sia il danno emergente, rappresento dalla spese inutilmente sostenute, sia il lucro cessante, rappresento dalle altre occasioni favorevoli perse (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680). La prova di tali danni spetta, in linea con l'inquadramento di tale responsabilità nell'ambito della responsabilità civile, alla parte lesa (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2008, n. 5574).
In relazione al danno emergente, le ricorrenti hanno depositato una parcella predisposta dal progettista cui è stato affidato l'incarico della progettazione, chiedendo un risarcimento pari ad euro 857.236, 37. Tale parcella, per come redatta e in assenza di accertamenti formali circa la correttezza del metodo di determinazione seguito, non può costituire prova del danno effettivamente patito.
In presenza comunque di certi elementi probatori, desumibili dagli atti acquisti al giudizio, può ritenersi che le ricorrenti abbiano effettivamente subito un pregiudizio patrimoniale derivante dalle spese sostenute per la partecipazione e per la progettazione oggetto dell'avviso pubblico di gara.
In relazione, invece, al lucro cessante, le ricorrenti non hanno provato i danni che ritengono di avere subito.
Sul punto, è bene puntualizzare che non può, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, applicarsi in via equitativa il metodo di determinazione del danno rappresentato dalla liquidazione forfettaria di una somma pari al 10% dell'ammontare dell'offerta. Tale metodo, infatti, è astrattamente utilizzabile, con i dovuti correttivi di natura equitativa, soltanto per la definizione delle misure risarcitorie da lesione dell'interesse positivo. Nella specie, come già sottolineato, l'unica voce di danno risarcibile è rappresentata dalle occasioni di lavoro perse a causa dell'impegno profuso nello svolgimento di trattative rilevatesi poi inutili.
Ma tale voce di danno non è stata dimostrata.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che il danneggiato deve provare, sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, il nesso causale tra la condotta lesiva e il vantaggio alternativo perduto. Nella specie, le ricorrenti non hanno dimostrato la partecipazione ad altre procedure ed il ritiro da esse per l'impegno assunto con l'amministrazione comunale di Ca. (in questo senso Consiglio di Stato, n. 2680 del 2008, cit.). Le ricorrenti, infatti, si sono limitate, a prescindere dai profili di ritualità del deposito della relativa documentazione, ad addurre la mancata partecipazione a procedure concorsuali genericamente indicate.
8.1. In conclusione, deve essere risarcito il solo danno emergente.
Ai fini della sua determinazione il Collegio intende utilizzare lo strumento di cui all'art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 80 del 1998 e conseguentemente indica i seguenti criteri sulla cui base il Comune dovrà proporre alle ricorrenti la somma che intendere offrire a titolo risarcitorio: a) le spese sostenute per la partecipazione all'intera procedura concorsuale devono riguardare le somme riferibili all'adempimento di prescrizioni specificamente richieste dagli atti di gara e non anche esborsi di denaro per attività autonomamente svolte; b) le spese di progettazione devono attenere all'attività di progettazione contemplata nell'avviso pubblico e a quella successivamente posta in essere in ottemperanza di specifiche indicazioni contenute negli atti di gara ovvero di documentate richieste formulate dall'amministrazione appaltante.
La somma risarcitoria così definita dovrà essere aumentata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali da calcolarsi fino alla data di notifica della domanda giudiziale e, successivamente, dei soli interessi legali fino alla formulazione dell'offerta risarcitoria (Consiglio di Stato, sez IV, 24 dicembre 2008, n. 6538).
9. In definitiva, dunque, la domanda risarcitoria deve essere accolta nei limiti esposti, con condanna del Comune di Ca. a corrispondere alle ricorrenti una somma per le spese sostenute determinata nel rispetto dei criteri sopra esposti.
10. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, Sezione seconda, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, nei limiti indicati nella parte motiva, e per l'effetto condanna il Comune a corrispondere alle ricorrenti, a titolo di risarcimento del danno precontrattuale, la somma determinata secondo i criteri indicati nella motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 13/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Fiorentino, Presidente
Anna Maria Verlengia, Primo Referendario
Vincenzo Lopilato, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/06/2009